Un sapone da usare e le radici del ridicolo

Troppo facile sbattere dappertutto la notizia di un gruppo di quindicenni che festeggia con cori idioti la vittoria della propria squadra. Bisogna capire come questo comportamento appare, quali ragioni nasconde.

Chi vince, celebra il proprio merito e il proprio successo nel rispetto dell’avversario. Non può essere altrimenti. Perché vittoria e sconfitta si alternano e all’entusiasmo della prima corrisponde sempre la delusione per la seconda. Chi non conosce entrambi gli stati d’animo! Possono esserci anche gli sfottò, come risultato dell’antagonismo tra le parti, ma travalicarli per giungere all’offesa, alla derisione, alla provocazione, sottende una perversione mentale e culturale.

A quindici anni si è troppo giovani e aver già assorbito un messaggio deviato e malato, è sintomo da considerare e su cui riflettere.

Perché esiste questo atteggiamento idiota? È la reazione alla sindrome dell’accerchiamento. La stessa che contraddistingue la rabbia, il livore, l’aggressività della tifoseria juventina, dal momento che deve subire di continuo l’onta delle offese e delle accuse per essere una squadra che vince immeritatamente, utilizzando metodi illegali. La stessa prepotenza che ha permesso a Buffon, ai suoi compagni, Benatia e Chiellini, di fare una figura di merda in mondovisione nel post partita di Madrid.

Quindi, non si tratta solo di ragazzini, l’episodio è la punta di un iceberg che affonda sotto la superficie e serpeggia nell’anima di un mondo intero, nel cuore di un racconto malato: il complesso dei significati antisportivi in cui si riconosce la tifoseria juventina. Questo atteggiamento trasuda nella stampa, nelle tv, tra blog e blogger, tifosi allo stadio ecc…

L’anomalia quindi, è a monte. Se la vittoria è illegittima, è chiaro che la reazione degli avversari sarà veemente nell’accusa. Se il vincente non capisce la ragione dell’avversario, perché è a sua volta raggirato culturalmente dal creatore del messaggio contraddittorio, coltiverà un livore doppio rispetto al perdente. Veleno che si sovrappone al veleno.

Chi deve rispondere a questo ignobile ethos che caratterizza la società italiana?

Sono tre i responsabili:

In primis la famiglia Agnelli e i dirigenti della società in questione. In modo spudorato e senza freni inibitori, perseguono un principio malato “vincere è l’unica cosa che conta”. È ovvio che, se il fine è la vittoria, si è disposti a giustificare qualsiasi mezzo pur di ottenerla.

La stampa, suddita, schiava, vigliacca, che pur di sopravvivere, pur di raccogliere le briciole, alimenta un racconto epico inesistente, lo accende e lo ravviva, soffiando parole vuote e lontane dalla verità.

Infine, tutti coloro che all’interno di questo mondo malato, pur di non avere rogne o di continuare a banchettare al tavolo del palazzo, non hanno l’onestà di denunciare e di opporsi fermamente a un’anomalia macroscopica che ci rende, come spesso accade, ridicoli agli occhi del mondo. Politica e buona parte delle società avversarie sono responsabili nel momento in cui, non opponendosi con rigore all’inganno, risultano inevitabili complici.

 

 

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